ITALIA - IRLANDA
Una batosta dura da dimenticare.
Così si chiude il Sei Nazioni dell’Italia, in modo assolutamente speculare a come era cominciato.
Una curiosa parabola: due pesanti sconfitte nell’esordio contro la Francia e nell’epilogo contro l’Irlanda, in mezzo tre grandi partite con due vittorie (Scozia e Galles) e una sconfitta più che onorevole (Inghilterra).L’Italia china il capo di fronte all’Irlanda, troppo forte quando è in giornata (e oggi, giorno di san Patrizio, lo era), travolgente nel gioco dei suoi trequarti, imprendibile nelle linee di corsa, insuperabile nei suoi due centri D’Arcy (man of the match) e O’Driscoll.
Ed è andata pure bene che il mediano d’apertura Ronan O’Gara, uno di quelli che solitamente sul piede ha un mirino, sia stato stranamente impreciso.
Tuttavia anche nella sconfitta emergono note positive. Il XV azzurro, peraltro pesantemente rimaneggiato tra infortuni e squalifiche, ha retto il confronto per almeno tutto il primo tempo, che si è chiuso con un accettabile 20-12 a favore degli irlandesi.
I dodici punti erano venuti tutti dal piede di Pez, mentre nell’Irlanda erano andati a meta Dempsey (18’), Easterby (22’) e D’Arcy (39’).
L’Irlanda faticava a premere sull’acceleratore, limitandosi a sporadiche incursioni dei trequarti che pure lasciavano intravedere l’immensa classe del reparto.
Convincente tra gli altri anche l’estremo Dempsey, degno successore di Murphy, folletto genialoide ma incostante.
E’ stato l’avvio di ripresa tuttavia a decretare le sorti della partita.
A scadenze regolari – ogni cinque minuti – gli irlandesi affondavano le loro lame mentre l’Italia cadeva nello scompiglio, calando soprattutto nel confronto fisico.
Ancora Dempsey (46’), poi Horgan (51’), a ribadire Hickie (55’), infine O’Gara (59’) scavavano una ferita non più rimarginabile: troppo assetata non solo di vittoria ma anche di punti l’Irlanda per essere fermata.
Quietata la bufera l’Italia ha provato con ammirevole insistenza a ridurre il passivo.
Sono arrivate le mete di orgoglio puro di Bortolami (75’) e di De Marigny (80’) – intervallate dal bis di Hickie (87’) – a rendere leggermente meno doloroso il punteggio.
Tanto cuore, a tratti poca testa, l’epilogo di questa avventura avrebbe potuto essere migliore ma è solo una macchia – e una lezione salutare – su un bel quadro d’autore.
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