Era il lontano 1982...
Era il lontano autunno 1982…..
25 anni fa, una tipica giornata autunnale.
Pioviggina, i primi freddi che sembrano più freddi di quello che sono in realtà.
Sto solo, fuori dal bar del paese.
Mi riparo sotto il portichetto e guardo la gente che passa, indaffarata, in bilico tra borse ombrelli e pozzanghere.
Si ferma una macchina, è mio cugino.
Si abbassa il finestrino, quel tanto che basta per non bagnarsi.
Mi dice, “Che fai li ?”
Ed io, “Niente”
“Allora dai, a casa, prendi scarpe e tuta e vieni con me”
Salgo in macchina, “Ma dove andiamo?”
“A giocare a rugby”
Mentre andiamo al campo di Thiene penso “Boh, che sarà il rugby? Vediamo….”
Entro nello spogliatoio, c’è già qualcuno che si cambia.
Mi metto in un angolo a cambiarmi, qualcuno mi dice ciao, altri non si accorgono nemmeno che ci sono.
Capisco che non è indifferenza, sento che è normale che ci siano persone nuove, sono semplicemente accolte nel gruppo, poche cerimonie, ma semplicità nei rapporti umani.
Si scherza, si ride.
L’unico “burbero” è Gianni l’allenatore, ma si capisce che ha una passione sfrenata per il rugby, al limite della follia.
Arrivano alla spicciolata anche altri giocatori, qualcuno tira fuori dalla borsa maglia e pantaloncini infangati e umidi, penso “non li indosserà mica !!! ”.
Già messi.
Poi capirò che dopo 10 minuti di gioco la differenza non si nota, tanto fuori piove.
E via con l’allenamento, non ho capito niente, ma talmente niente che dopo 25 anni sono ancora qui.
Si qui, ma dove?
Al campo di Thiene.
Unica differenza oggi c’è il sole, che sia un segno?
Già ma che ci faccio?
Sul campo oggi ci giocano i miei figli, si tutti e due.
Sullo stesso campo che mi ha accolto in maniera benevola, paziente a volte morbido a volte duro.
Dove assieme ai compagni di squadra abbiamo passato ore di allenamento, partite, abbiamo riso e qualche volta pianto.
Dove abbiamo conosciuto gente da tutto il mondo, abbiamo vinto, perso, lottato comunque e sempre.
Ora in campo oltre ai miei figli ci sono anche i figli dei miei compagni di squadra.
Qualcuno una volta ha detto che “spesso si inizia a giocare a rugby per colpa di un parente” frase quanto mai vera.
Quel “colpa” sa di malattia, forse la stessa di Gianni, l’allenatore.
Il rugby è un affare di “famiglia”, non solo la famiglia natale, ma la “famiglia” che si crea in spogliatoio.
Si gioisce, si soffre, si litiga, ma alla fine ci si cerca, sempre.
E qui voglio citare la famiglia di quei giocatori del 1982 in campo oggi:
Alessandro, Giulio, Lorenzo, Marco, Giovanni, Massimo, Mattia, Giordano, Nico, Gianni, Francesco, Alberto, Mauro, Enrico, Toni, Alessandro, Francesca...
Tra questi nomi ci sono anche i nostri figli, fanno già parte della “famiglia”.
Non so se i nostri figli continueranno a giocare, smetteranno, riprenderanno…
Sarebbe bello però, che un giorno dicessero ai loro figli:
"Era il lontano autunno 2007…"
Ciao a tutti
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