Ai quarti poca Europa
Tratto da www.rugbypeople.it
La grande festa di Saint-Etienne, nonostante Paterson. Ora i Mondiali diventano il Tri Nations
La partita non è finita come volevamo, ma il sabato di Saint-Etienne è stato comunque una splendida giornata di rugby. L’atmosfera in città, che pure è una capitale del calcio fin dai tempi di Michel Platini, è stata straordinaria a cominciare dalla sera prima, con migliaia di tifosi e tifose, sia dall’Italia che dalla Scozia, a fare festa fra i bar e le piazze. Saint-Etienne ha offerto un’accoglienza molto più calorosa di Marsiglia con musica e spettacoli in centro, attorno all’Hotel de Ville e a Place de Peuple, abbinati alla cordialità e alla simpatia dei locali. Lo spettacolo vero e proprio sono stati però gli appassionati di rugby. Tanti, tantissimi i tifosi azzurri: se l’atteso sorpasso sulla Scozia non è avvenuto in campo, penso che sugli spalti per la prima volta i nostri fossero in maggioranza. Oppure, in ogni caso, si sono fatti sentire di più: da brividi l’urlo “Italia, Italia” quando gli azzurri si stavano lanciando all’ultimo assalto.
Se gli scozzesi puntano sulla tradizione di kilt e cornamuse (tutto inventato dagli inglesi, peraltro: l’hanno spiegato Hobsbawm e Ranger, “The invention of tradition”), gli italiani hanno risposto con la creatività in travestimenti e parrucche. Resta il fatto che loro cantano di più, forse perché bevono di più. Resta il fatto che fra ragazze scozzesi e italiane proprio non c’è confronto. A proposito di creatività, onore al merito agli amici mestrini – Pego, Toma and friends - e allo slogan del loro striscione: “Basime el Troncon”. Dopo la partita avanti fino all’alba. E finalmente i tifosi hanno avuto l’occasione di trascorrere un po’ di tempo assieme ai giocatori delle due squadre, finalmente liberi dopo mesi di rigida clausura (anche troppa forse, visto quanto gli azzurri hanno sofferto la pressione).
L’Italia ha il morbo di Paterson. Ancora una volta chi ci punisce è questo trequarti minuto, veloce e lucido ma che in fin dei conti non finirà certo nella Hall of Fame del rugby. Ha anche una faccia simpatica, e nel dopopartita è cordiale e disponibile. Sbaglia niente dalla piazzola: 6 su 6 contro l’Italia, 15 su 15 lungo tutta la World Cup finora. Hanno sbagliato gli azzurri nel dargli la possibilità di piazzare, e pensare che quello dell’indisciplina sembrava un problema che ci eravamo ormai lasciati alle spalle (mettiamoci pure che Kaplan ha graziato sia Mirco Bergamasco per lo sgambetto che Tronky per un placcaggio alto, vittima Parks in entrambi i casi). Ma tutto sommato dopo tre partite francamente inguardabili, almeno questa volta gli azzurri ci hanno messo le palle e la faccia.
“Viva la Fiji”, diceva uno striscione una volta a Treviso. E sì, viva la (squadra delle) Fiji oggi che ha battuto il Galles in quella maniera strepitosa e confezionato così l’unica vera sorpresa dei quarti di finale. La festa multicolore finisce qui, assieme alla fase eliminatoria. Ora il Mondiale diventa il Tri Nations, più qualche invitato illustre. Portogallo, Georgia e tutte le altre piccoli grandi squadre che tornano a casa ci hanno regalato le emozioni del rugby antico, uno spiraglio di aria fresca e pura nella palla ovale superprogrammata di oggi. E se la vogliamo mettere in politica, i successi sul campo lanciano un segnale. Nell’International Board ancora oggi scozzesi, irlandesi e gallesi conservano due voti ciascuno, Tonga, Fiji, Samoa e Georgia neppure uno.
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