5.9.07

Marco Bortolami capitano azzurro


“All Blacks più forti di sempre, Springboks imprevedibili”Intervista a Marco Bortolami. “Siamo una squadra matura, pronta a lottare alla pari con qualsiasi avversario”



La valigia di Marco Bortolami è pronta. Dentro ci ha messo una maglia azzurra con il numero cinque, quella di capitano dell’Italia, e l’ultimo libro di Enzo Biagi, perché, dice, “nonostante gli impegni con il rugby cerco di tenermi informato su quello che succede nel mondo”. L’avventura nella World Cup si avvicina. Domani raduno degli azzurri a Roma, il 5 settembre trasferimento a Marsiglia, sabato 8 al Velodrome la danza di guerra degli All Blacks e ottanta minuti per capire la consistenza delle ambizioni della nostra Nazionale. “C’è tanta fiducia, rafforzata ancor più dopo la prova di venerdì scorso in Irlanda. Siamo stati sconfitti solo per un errore arbitrale, ma abbia giocato alla pari contro una delle squadre più accreditate del momento. Ci è rimasta molta rabbia, molta fame, e questo ci farà bene nelle prossime partite”.

Che Mondiali saranno? “Sarà un torneo sempre più esigente dal punto di vista fisico. Devi innanzitutto essere alla pari nello scontro individuale, prima di cominciare a parlare di tecnica e di tutto il resto. Abbiamo lavorato moltissimo in palestra negli ultimi mesi, siamo pronti”.

Chi vincerà? “La Nuova Zelanda o l’Australia. Anche la Francia sta impressionando, ma forse hanno meno cambi rispetto agli All Blacks, credo che uomini come Michalak o Jauzion restino insostituibili”.

Si comincia contro gli All Blacks. Proprio in Nuova Zelanda tu hai esordito, giovanissimo, come capitano azzurro. “Era il 2002, nella tournèe estiva. Ad Hamilton naturalmente perdemmo, ma giocando una discreta partita. Ed io segnai l’unica nostra meta. Affrontare gli All Blacks ha per me sempre qualcosa di magico. Loro rappresentano l’essenza del nostro sport, c’è sempre molto da imparare, soprattutto dal loro approccio mentale: fanno ogni cosa con estrema naturalezza, senza pressione. Dovremo comunque affrontarli senza nessun timore reverenziale. Quello che chiederò alla squadra, prima della partita, è di non restare a guardarli ma di cercare di imporre il nostro gioco, come contro qualsiasi altro avversario”.

L’Italia schiererà la squadra migliore oppure si penserà a risparmiarsi per gli impegni successivi? “Berbizier ha assicurato che scenderemo in campo con il XV migliore. Semmai potrebbe esserci qualche sostituzione nel corso della partita. Affronteremo la Romania solo quattro giorni dopo, è un avversario da non sottovalutare. Poi però avremo il Portogallo, una semplice formalità, e ci saranno due settimane per recuperare al meglio le energie e gli eventuali acciacchi e quindi affrontare il match decisivo con la Scozia”.

Il Mondiale azzurro sembra destinato a decidersi negli ottanta minuti di Saint-Etienne. Non c’è il rischio di soffrire tutta questa pressione? “Affronteremo ogni partita al massimo, l’abbiamo già dimostrato venerdì scorso a Belfast quando il risultato non contava nulla. Naturalmente dovremo gestire la pressione, ma non tanto la pressione dall’esterno quanto i meccanismi interni al gruppo. In ogni caso l’Italia oggi è una squadra matura, molti di noi hanno disputato finali del campionato francese, inglese, di Heineken Cup, i giocatori scozzesi non possono dire lo stesso. A Saint-Etienne la pressione potrebbe far soffrire di più i nostri avversari”.

La meta decisiva di Irlanda-Italia conferma che esiste un problema di arbitri: la nostra Nazionale continua a non essere tutelata e questo potrebbe essere decisivo in un match così delicato. “L’esito della sfida di Belfast ci ha riempito di rabbia. Non si tratta solo della meta irregolare convalidata a O’Gara ma anche di un diverso metro nel corso della partita: crolla la loro mischia si ripete, crolla la nostra calcio contro. Gli arbitri più giovani, soprattutto gallesi, francesi e irlandesi, continuano ad avere un certo timore reverenziale verso le anglosassoni. Non ci sentiamo tutelati, soprattutto nella mischia che è il nostro punto di forza, e più volte l’abbiamo dichiarato pubblicamente. Spero che Kaplan (l’arbitro sudafricano di Scozia-Italia, uno dei migliori fischietti al mondo, ndr) saprà dirigere con il giusto equilibrio”.

Non ti sembra che questa Nazionale, composta da numerosi giocatori stranieri, rischi di non rappresentare davvero l’Italia? “L’affetto dei tifosi ci dimostra che questa squadra rappresenta l’Italia al 100%. C’è un regolamento che permette l’impiego di giocatori stranieri ed è giusto sfruttarlo per ottenere i massimi risultati. Se questo succede è anche perché effettivamente il movimento non sa produrre italiani all’altezza, non si tratta certo di un capriccio dei selezionatori. In ogni caso vi assicuro che chi va in campo con la maglia azzurra si sente italiano fino in fondo e gioca con la massima determinazione. Prendete Vosawai, l’ultimo arrivato. I fijiani hanno un carattere particolare, non sapevo cosa aspettarmi. Invece Manoa mi ha impressionato per la sua voglia di emergere, per l’impegno in allenamento. Parla perfettamente italiano e si è subito inserito nel gruppo. E’ uno di noi, come Griffen, come Robertson, come tutti gli altri”.

La Nazionale di oggi ha personalità forti come Troncon o Mauro Bergamasco. C’è il rischio per te, come capitano, di scivolare un po’ in ombra? “Vivo questa situazione con grande serenità. Il mio obiettivo è di prendere le giuste decisioni in campo e per farlo un capitano deve sapere gestire le diverse personalità dei suoi giocatori. Questo me l’hanno insegnato soprattutto a Gloucester, ma anche John Kirwan e Pierre Berbizier. Sul mio ruolo in campo ho parlato molto con Pierre, abbiamo avuto dei confronti anche duri. Non sarò un capitano appariscente, ma vorrei essere un capitano deciso ed equilibrato. In campo Tronky deve continuare a manifestare la sua emotività, Mauro la sua esuberanza, in piena libertà, perché questo serve a loro, e quindi alla squadra, per esprimersi al meglio”.


Non credi che questa Italia sia oggi molto dipendente dalla prestazioni di Troncon, il vero organizzatore del gioco azzurro? “Tronky è un giocatore straordinario, è esperto, non fa mai errori gratuiti, guida la mischia e dà sicurezza al numero 10. Ma è l’intero settore della mediana che è decisivo. Abbiamo una mischia affiatata, che può giocare alla pari con tutti, l’abbiamo dimostrato nel Sei Nazioni: oggi il pack è il cuore della squadra, dà fiducia, è la base del nostro gioco. Dietro stiamo facendo grossi passi avanti, stiamo trovando il giusto equilibrio. La mediana , quindi, ha il compito di legare i reparti. Dietro Tronky è sempre pronto Griffen, quest’anno non ha giocato molto ma resta un mediano di alto livello: c’era lui quando abbiamo pareggiato a Cardiff, quando abbiamo vinto in Argentina, quando abbiamo sfiorato il successo con l’Australia. In regia abbiamo due giocatori con caratteristiche complementari: De Marigny che ha esperienza, dà ordine, comunica di più e Pez che è un po’ discontinuo ma ha molto talento. I placcaggi mancati? Qualche volta succede, ma sono sicuro che nelle partite importanti Ramiro non sbaglierà”.

Chi verrà dopo Berbizier? “La Federazione sta decidendo. Io spero che Nick Mallett accetterà l’offerta e sarà il prossimo allenatore. E’ sudafricano ma ha molta esperienza in Europa: ha studiato a Oxford, ha allenato lo Stade Français. Inoltre conosce già qualcosa del realtà italiana, avendo giocato a Rovigo. Penso che sarebbe il tecnico giusto per la nostra Nazionale”.


Tratto da www.rugbypeople.it

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